Lei è

Anna

Mi chiamo Anna, ho trent’anni e ho deciso di farmi amputare il piede sinistro!

Lo so cosa stai facendo… stai rileggendo la frase…

Tranquill*, non ti sei sbagliato! Hai letto bene….

SI, HO DECISO DI FARMI AMPUTARE IL PIEDE SINISTRO!

A tutti sembrerà strano ma, io lo scorso Gennaio ho iniziato a vivere, a sentirmi libera, ad essere donna.

Quando sono nata, racconta mia mamma che andava tutto bene, ero perfetta, sana, in salute e rossa… per una settimana, poi nel mio piede sinistro si incominciò ad intravedere una “bollicina”, che per quasi trent’anni è rimasta insieme a me.

Quella bollicina pian piano si è trasformata in una malformazione di cui tuttora, dopo tutto questo tempo, non abbiamo una diagnosi.
Con i miei genitori ho girato l’Italia e tutti i medici dicevano la stessa cosa: “non ho mai visto una cosa del genere”, “non so come potervi aiutare”; fino a quando nel 2006, un medico a Torino ebbe il coraggio di operarmi e riuscire a fare quasi l’impossibile.

Dico quasi perché in parte era riuscito a risolvere il problema raddrizzandomi le ossa e, per evitare che potesse storcersi di nuovo (conseguenza di un’altra operazione andata male quando avevo 1 anno), il piede mi aveva fatto una triplice artrodesi, consentendomi così di muovere solo le dita, questo era l’unico movimento che potevo fare.

Restava comunque il problema dei lipomi, infatti, il diametro dell’arto era così grande che mi era impossibile indossare qualsiasi tipo di scarpa, a parte le Converse. (Per anni, penso di essere stata la loro più grande azionista)
Per tutta la vita, ho solo indossato Converse e jeans lunghi per coprire e nascondere il mio piede.

In realtà, convivere con questo problema non era solo una questione di estetica, magari fosse stata solo quello! 

Camuffare questa mia “disabilità” negli anni era diventata la cosa più semplice. Ciò che invece era diventato difficile e quasi insopportabile era vivere con delle limitazioni: ogni azione con il tempo risultava essere pesante: già la mattina quando mi svegliavo e poggiavo il piede a terra, mi gonfiava tantissimo e quando camminavo usavo molto di più la gamba destra e così anche la schiena ne risentiva.

Per tutta la vita mi sono sentita dire che dovevo convivere con questa condizione e potevo solo accettare la situazione.

E così ho fatto!

Ho accettato di convivere con il mio dolore, dolore che era sempre presente nelle mie giornate, quando provavo a camminare, quando uscivo per un aperitivo con gli amici, quando provavo a ballare in discoteca al liceo, quando partivo per viaggi, quando provavo a nasconderlo con un sorriso, quando le persone mi chiedevano: “ma che hai? Perché sei sempre di cattivo umore?”

Ho accettato anche di dover convivere con il mio cattivo umore, con le mie paranoie, con i miei sbalzi d’umore e con le mie paure.

Non è stato semplice vivere i primi 29 anni della mia vita con delle limitazioni: non ho potuto comprare i vestiti che mi piacevano perché risaltavano di più il “piede”, ho dovuto rinunciare a fare sport perché c’erano giorni in cui era talmente tanto il dolore che non riuscivo a camminare, quindi figuriamoci saltare o correre!

 

Ho accettato tutto questo fino a quando un giorno di qualche anno fa, mentre ero in un viaggio, ho pronunciato per la prima volta la parola “amputazione”.

Di getto, ho mandato un messaggio ai miei genitori dicendo che volevo amputare il piede perché era soltanto una massa che mi trascinavo.

All’inizio erano tutti sconvolti, anche tutti i miei amici, proprio quelle persone che pensavo potessero capirmi davvero, ma la verità era che ero diventata così brava a nascondere i miei “disagi” che anche i miei cari pensavano che andasse tutto bene

Sui social, in questi ultimi anni, mi ero imbattuta in molti profili di persone amputate che facevano tantissime cose meravigliose, senza limiti e se devo dirla tutta li invidiavo! Sembra strano si, ma in realtà vederli muovere, vederli indossare ciò che volevano, per me era come un sogno.

In particolare la persona che mi è stata da ispirazione è stata Nina Rima, ogni volta che vedevo un suo video sognavo ad occhi aperti.Infine, ciò che mi ha convinta definitivamente per l’amputazione è stata quando sono andata in California per un internship come insegnante di italiano in una scuola a Los Angeles; proprio lì, ho incontrato la vicepreside che per causa di una meningite era stata amputata ai 4 arti. Ho pensato che fosse stato il destino visto che non avevo incontrato mai nessuno dal vivo amputato.
Dopo l’anno lavorativo in America sono tornata e con il supporto della mia famiglia ho iniziato ad informarmi per l’operazione.

Anche qui non è stato facile! Di solito quando si va dal medico per una visita è proprio lui a dare la “diagnosi” e a decidere il da farsi, io, invece, sono andata dall’ortopedico e ridendo gli ho detto:” lei deve tagliarmi il piede”!

Penso di aver sconvolto anche lui! All’inizio non era propenso, ma in seguito anche lui si è reso conto che era la soluzione ottimale per migliorare la qualità della mia vita e quindi, finalmente il 17 Gennaio 2023 sono stata operata.

Da quel giorno penso sia iniziata la mia vera vita! Una vita piena e intensa. Certo, non senza difficoltà, ma sicuramente più felice!

In pochi mesi, mi sono già successe tante cose incredibili e assurde che fino a poco tempo fa potevo solo sognare; ho partecipato ad uno shooting fotografico per un brand inclusivo, ho conosciuto persone meravigliose con storie uniche e finalmente posso indossare i vestiti e le scarpe che mi piacciono!

Non smetterò mai di ringraziare Rosario Gagliano che ancora prima dell’intervento era accanto a me in ospedale, rincuorandomi su tutto sciogliendo ogni mio dubbio!

Proprio grazie a lui ho iniziato la riabilitazione nel suo centro ad Enna e lì ho incontrato persone davvero fantastiche!

Grazie alla mia storia ho anche convinto altre ragazze che per diversi motivi hanno pensato all’amputazione e questo mi rende felice!

“Per me l’amputazione è stata una liberazione, sia fisica che mentale.

Sicuramente, avendo avuto più tempo per maturare questa scelta, sono stata più agevolata e positiva rispetto a chi ha avuto il trauma di svegliarsi in ospedale senza una gamba, magari a causa di un incidente improvviso, però comunque questo non vuol dire che non ci sia stata una sofferenza dietro e non ce ne sia adesso.

La scelta dell’amputazione è stata la mia e ne sono felicissima.

Il mio prossimo obiettivo? Fare tutto ciò che per i primi 30 anni della mia vita non ho fatto!”

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