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10 Maggio 2023.
Vorrei iniziare a raccontare la mia storia, partendo dalla fine, cioè da oggi, il 10 Maggio del 2023. Perchè oggi io, Daniela Mento, posso raccontarverla. Perchè sono VIVA.
Oggi posso dire di avercela fatta, di aver superato tutto quello che un essere umano può pensare di superare, di aver vissuto per mesi una vita parallela e di essere ritornata alla vita. A volte mi chiedo dove ho trovato la forza per superare tutto questo, mi fermo e guardo il vuoto, poi mi giro e accanto a me vedo mio figlio, Leonardo.
É lui che mi ha salvata!
Riavvolgiamo il nastro, voglio raccontarvi come sono arriva fin qui.
Sono nata a Dicembre, sotto il segno del sagittario, a Messina. Sono siciliana, ma con l’animo caraibico. La mia vita è sempre stata abbastanza normale lavoro, casa, famiglia e qualche ballo caraibico per rallegrare le mie serate.
È il 2019 scopro di essere incinta e solo qualche mese dopo l’Italia veniva chiusa: scoppia la pandemia. Ho vissuto la mia gravidanza da sola insieme al mio compagno, l’unico che ha visto veramente crescere la mia pancia. È il 25 luglio 2020 quando viene al mondo Leonardo, stravolgendomi l’esistenza. Quella vita normalissima ora veniva travolta dalla felicità e dall’amore puro: quell’amore che si trasforma in una forza sovrannaturale che ti fa spostare le montagne. L’amore di una mamma per il proprio figlio.
A dicembre del 2020, mio padre si ammala e l’idillio viene interrotto ad aprile quando non riesce a superare la malattia e ci abbandona. Il dolore non è mai facile da metabolizzare, da superare. Ognuno costruisce il suo sistema per andare avanti. Io avevo Leo.
A maggio del 2022, Leo sta male, una banalissima influenza, ma non mangiava e non beveva. Così decidiamo insieme al mio compagno di portarlo al Policlinico di Messina, dove lo ricoverano perché il bimbo in realtà aveva un’otite. Qualche giorno dopo, veniamo dimessi e lo stesso giorno, notando un malessere generale, misuro la febbre. Pensavano fosse COVID, invece no. Arrivo a casa, metto a letto Leo e vado a fare una doccia, nonostante stessi malissimo. Non era una febbre normale, era alta, si, ma ricordo perfettamente che non non riuscivo più rispondere al mio corpo. Era come se qualcosa dentro di me stesse cambiando.
Provo a mettermi a letto, pensavo: magari riposando starò meglio. Invece no, ogni momento che passava, stavo sempre peggio. Inizio ad accusare uno stato confusionale, il medico consigliava di prendere del paracetamolo, ma la febbre continuava a salire. Decidiamo di chiamare il 118, un primo controllo medico. È una febbre molto alta, passerà.
Le ore scorrevano ed io non miglioravo. Ero quasi assente.
Ricordo poco di quei momenti, ricordi troppo sfuocati.
Sono le 4 di notte. Una seconda ambulanza arriva a casa mia, decidono di portarmi in ospedale. Mia sorella e il mio compagno si accorgono che sulle mani iniziavo ad avere delle chiazze rosse. Non si capiva cosa avessi, così decidono di trasferirmi in un altro ospedale più specializzato. Mi ricordo vagamente il primo incontro con l’infermiera, che mi riconosce dai tatuaggi, perché nel frattempo ero diventata tutta nera. Da quel momento, non ricordo più nulla. Avevo, però, la consapevolezza che stava succedendo qualcosa di grave.
Il 10 maggio del 1980 veniva lanciato per la prima volta sul mercato il famoso videogioco Pac-man, l’esserino che scappava dai fantasmi divorando tutto ciò che aveva davanti. Ironia della sorte, quarantadue anni dopo, un batterio correva dentro il mio corpo. Dalle analisi effettuate, scoprono che avevo in corso una setticemia da pneumococco. Le possibilità di sopravvivenza erano veramente poche. Furono avvertiti i miei familiari, perché i medici temevano che non sarei riuscita ad arrivare all’alba. La setticemia aveva portato alla necrosi delle mie mani, degli arti inferiori, della lingua e del naso.
Da quel momento, il buio. Per il troppo dolore, mi fu indotto il coma dopo tre giorni. Per una settimana, nella mia mente passavano una serie di immagini che messe insieme costituivano una realtà parallela. Era come se mi trovassi nel “sottosopra” di Stranger Things, un luogo così brutto ed assurdo dove succedevano cose tremende. E invece di sentire Kate Bush come nel “sottosopra”, io nelle orecchie avevo Jovanotti e la sua I love You Baby. In questa realtà assurda in cui ho vissuto per un mese, sognavo che volevano uccidermi. Sentivo il mio piccolo Leo che con una voce straziante, mi chiamava mamma perché volevano fargli del male. Paradossalmente al mio risveglio, ciò che ho vissuto in quella costruzioni di immagini terrificanti, era peggiore della realtà in cui mi ritrovavo.
La rianimazione è un’esperienza che mi è scesa in profondità. Grazie a essa ho riconsiderato tutta la realtà dell’esistenza, della morte, delle possibilità che la vita offre agli uomini.
A giugno nessuno aveva il coraggio di dirmi quale sarebbe stato l’epilogo di questa brutta esperienza, ma io in cuor mio lo sapevo, vedevo le mie mani e i miei piedi neri. Sapevo che mi avrebbero amputato gli arti. Io non vedevo l’ora, perché significava poter uscire dall’ospedale e rivedere mio figlio.
Come vi ho detto all’inizio di questo racconto, sono nata sotto il segno del sagittario e per indole sono dotata di ottimismo. Ed è stato quello che mi ha aiutata ad affrontare tutto. Prima dell’amputazione, sono venute a trovarmi due persone illuminanti per il mio percorso: il chirurgo che mi avrebbe qualche giorno dopo operata, e Rosario Gagliano, Direttore Tecnico del centro ROGA. Entrambi mi hanno trasmesso tranquillità e fiducia.
Rosario mi ha spiegato perfettamente tutto quello che sarebbe successo dopo l’amputazione, mi ha illustrato un mondo che prima di quel momento non conoscevo. Il 13 giugno sono stata operata e con me in sala operatoria c’era anche Rosario; era li per collaborare insieme all’équipe per ottimizzare l’utilizzo degli arti. Infatti, è stato così. Sono riusci a salvare ciò che si poteva dalle mie mani. Per me un dono grandissimo.
Vengo trasferita così dalla rianimazione al reparto di chirurgia plastica. Sembrava che tutto fosse finito, ed invece no! Risulto positiva al Covid.
Dopo tre mesi, finalmente arriva il tanto atteso giorno. Era l’11 agosto. Mi dimettono dall’ospedale. Sulla mia pelle, il sole caldo della mia terra, la salsedine che senti nell’aria. Ero fuori da quell’incubo.
Ho lottato e ho Vinto!
Avevo solo una paura fuori dall’ospedale. Non mi importava nulla di tutto ciò che mi circondava e neanche mi ponevo tante domande. Forse chi stava accanto a me aveva più preoccupazioni e spesso mi ritrovavo io a dover consolare loro. C’era solo un pensiero nella mia mente che non mi abbandonava: mio figlio mi riconoscerà? Nei tre mesi precedenti, non avevo mai avuto un contatto con lui e solo gli ultimi giorni avevo concesso al mio compagno di farmi vedere qualche suo video o foto. Questo perché temevo che vederlo, mi avrebbe fatto demoralizzare. Ovvio, in quei mesi ci sono stati dei momenti di sconforto, ma è stata forse l’attesa e il desiderio di rivederlo e di riabbracciarlo a rendermi così forte.
Quando finalmente l’ho rivisto, è stata un’emozione indescrivibile, come se la parte di me che si erano portati fosse stata colmata dall’amore del mio piccolo Leo.
Da quell’11 di Agosto, è nata una nuova Daniela, senza due gambe e senza dita, ma di sicuro più forte, determinata e pronta a riacquistare la sua vita. A metà ottobre, come d’accordo con Rosario, sono arrivata al centro ROGA.
Pesavo 40 kg, ero molto debole, ma dentro di me avevo una voglia matta di ricominciare la mia vita. Per due lunghi mesi, sono rimasta al centro a fare riabilitazione e a Dicembre sono tornata a casa a festeggiare il Natale con la mia famiglia sulle mie NUOVE GAMBE.
Rosario in rianimazione mi disse: “Scommetto la mia persona, tornerai a fare tutto quello che facevi prima”.
Oggi, il 10 maggio 2023, dopo un anno, riesco a fare tutto ciò che una donna può fare. Lavoro, mi prendo cura di me, del mio compagno, di mio figlio, della mia casa. E tutto questo, seppur per tutti può sembrare normalissimo, a me fa sentire VIVA.
Ho solo un obiettivo per il futuro, raggiungere la piena autonomia.
Oggi, il 10 maggio 2023, sono qui e voglio ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicino in questo lunghissimo e faticosissimo anno. Ho trovato in voi delle persone splendide e mi avete dato la forza per andare avanti. Oggi apprezzo quello che ho. Ho imparato a vedere la vita in tantissimi modi diversi e riesco a cogliere la bellezza di quello che è. Sono fortunata di vedere e vivere tutto.
Meno male che esisti
Che sennò ti avrei dovuto inventare da zero Come fanno gli artisti
E invece sei qua, sei vero
Che ti posso toccare
Baciare, abbracciare
Amarti e litigare
I love you, baby
Più chiaro di così non c’era
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Sport bonus € 6.500,00 Agenzia delle Entrate
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Credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione € 44.443,57 Agenzia delle Entrate
Credito d’imposta ex L. 178/2020 c. 1054 € 1.343,00 Agenzia delle Entrate
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