Lei è

Giorgia

È il 2016 quando le venne diagnosticato per la prima volta un tumore maligno, un osteosarcoma. Solo a sentirlo fa paura O – STE – O- SAR – CO – MA. Figuratevi, cosa significa averlo a 14 anni. È qui che inizia la storia che vogliamo raccontarvi, la storia di una guerra vinta grazie alla forza di una giovane guerriera: Giorgia.

È estate. Fuori il sole riscalda le giornate. Giorgia, gli amici, il mare, la spiaggia: sta crescendo. La sua vita scorre velocemente. Ogni giorno una nuova esperienza da vivere e un nuovo make-up da provare.

L’adolescenza… che bella favola!

Basta un attimo per interrompere quell’incantesimo, un salto e poi trovarsi a terra senza una ragione. Un gonfiore ad una gamba, che giorno dopo giorno, cresce ma che non fa male. Giorgia pensa: “Ma cosa vuoi che sia, forse passerà!”. Ed invece, piuttosto che diminuire, continua a crescere sempre di più.

Decide così di fare dei controlli: una visita ortopedica che portò ad un’ecografia, un’ecografia che portò ad una radiografia ed una radiografia che portò ad una visita in un ospedale specializzato in tumori pediatrici.

T-U-M-O-R-I P-E-D-I-A-T-R-I-C-I… 14 anni, la mia vita… No! No!

Il primo giorno, quante domande nella sua testa: “cosa avrò?”, “sarà qualcosa di grave?”, “sono qui solo per un controllo?”. Ed invece, non era come si domandava, non era li solo per un controllo. Qualche ora dopo, era ricoverata in quell’ospedale. Camminava per il corridoio e iniziava a familiarizzare con quell’ambiente che per i mesi a venire sarebbe diventato la sua casa. I suoi occhi incrociano quelli di un ragazzo della sua età che nonostante tutto, nonostante gli mancasse una gamba, era felice.

Arriva l’esito di quell’esame tanto atteso, quello che sarebbe successo dopo non poteva immaginarlo, poteva solo sperare che non accadesse. A casa l’aspettava sua sorella per darle la notizia. Fu in quel momento che le sue orecchie sentirono per la prima volta quella parola che non avrebbero mai voluto sentire, un tumore… dentro di lei. A 14 anni, una guerra in prima linea contro un nemico che non sai mai quale attacco può sferrarti contro. E ancora, nelle orecchie, quell’eco di parole che sembrano impronunciabili, parole che fino ad allora tutti le avevano tenute nascoste. Parole che da li a poco sarebbero entrate nel suo vocabolario, e che non solo avrebbe compreso il senso ma avrebbe capito quanto paurose e pesanti fossero per ogni essere umano al mondo.

C-H-E-M-I-O-T-E-R-A-P-I-A.

Il suo primo attacco contro il nemico invisibile e come in una grande guerra, dagli attacchi vincenti, non si esce mai illesi. Un attacco forte, deciso e logorante ma necessario per segnare quel punto di vantaggio che ti porta alla vittoria. Una vittoria che si raggiunge con forza, coraggio ma anche grazie all’aiuto dei migliori alleati al mondo: la sua famiglia, i suoi amici, i medici e gli infermieri dell’ospedale.

I giorni passavano e lei continuava la sua battaglia. I suoi compagni di trincea (reparto) erano ormai la sua seconda famiglia; insieme condividevano le gioie ed i dolori, le notizie belle e le notizie brutte. Erano legati da un filo rosso invisibile che li rendeva così invincibili e così indistruttibili.

Il 5 settembre del 2016, lo ricorda bene Giorgia quel giorno. Il giorno dell’attacco finale. Un prezzo carissimo da pagare ma che le regalava una nuova vita. Fu quel giorno che disse definitivamente addio alla sua gamba destra.

ROGA così divenne il suo punto di partenza. La sua priorità? Imparare nuovamente a camminare, imparare a comandare la gamba destra. Pensava “come può una protesi ridarmi quello che ho perso?”. Quando arrivò al centro, iniziare questo nuovo percorso non le fu facile ma Rosario, il nostro direttore tecnico e tutto lo staff della ROGA, le prospettarono una vita migliore, promettendole che il pochissimo tempo sarebbe riuscita a rimettersi in piedi e ritornare ai suoi 14 anni, alla sua adolescenza ed alla sua vita. Aveva vinto. Questo era ciò che contava.

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“Sono fortunata. Oggi ho ancora la mia vita. Ho conosciuto tantissime persone nella mia stessa situazione che alla fine non ce l’hanno fatta. Ma io si. Li porto tutti con me e sono parte dei miei ricordi e della mia esistenza. Non rimpiango niente del mio percorso, delle scelte che ho preso perché queste mi hanno ridato la voglia di guardare avanti e raggiungere sulle mie gambe la meta che voglio. La mia protesi è la mia svolta, ROGA il mio punto di riferimento. La mia vita senza di loro, non la ricordo nemmeno. Ci si abitua subito al meglio e sapere di avere sconfitto il male mi fa essere fiera di me!
Sarò sempre grata alla grande famiglia ROGA per avermi rieducato a camminare ed avermi sostenuta nel percorso riabilitativo. Non è stato semplice riadattarsi a camminare con un arto “innaturale” ma loro l’hanno reso così piacevole da sembrare tanto semplice. Posso solamente essere grata alla mia famiglia ROGA”.

Giorgia

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