Per rendersi conto delle dimensioni socio-economiche del problema

l’ictus è attualmente la terza causa di morte in Italia e la prima causa di disabilità a lungo termine.

A causa dell’invecchiamento della popolazione, con l’aumento della sopravvivenza media, è stato calcolato che entro il 2030 ci saranno 70 milioni di pazienti con esiti di ictus cerebri nel mondo.

La maggioranza di questi pazienti, per colpa della paralisi spastica seguita all’ictus, rinuncia a molte delle attività di vita quotidiana precedenti. La stazione eretta e il cammino diventano lenti e faticosi, con grave rischio di caduta; l’avanzamento dell’arto inferiore spastico è reso difficile dall’ipertono dei muscoli posteriori della coscia e della gamba, il ginocchio si piega con difficoltà, il piede si deforma in equino.

La spasticità viene percepita dal paziente come un abito talmente stretto da impedire i movimenti, come “guidare un’auto col freno tirato”, e lo sforzo di lottare contro questi legacci aumenta lo spasmo ed accelera la stanchezza, per cui il paziente trattato è soddisfatto anche di parziali successi terapeutici.

Tra le cause di spasticità, la più frequente è di gran lunga l’ictus cerebrale, che può essere dovuto sia ad un ridotto afflusso di sangue e di ossigeno ad alcune aree cerebrali che possono andare in necrosi (ictus ischemico) sia ad una rottura di un vaso, che porta ad una ridotta perfusione di aree cerebrali irrorate da quel vaso, a cui si aggiunge l’effetto irritativo diretto del sangue sul tessuto cerebrale circostante (ictus emorragico).
Altrettanto frequente è la spasticità nelle paralisi cerebrali infantili, in cui il danno al cervello avviene prima della nascita o entro il primo anno di vita.

Low section of senior woman with walker.

Le cause

In realtà vi sono molteplici cause che possono creare spasticità come conseguenza di un danno cerebrale. Pur non essendo classificata come un disturbo del movimento propriamente detto, la spasticità rappresenta un segno clinico complesso, fortemente disturbante per la capacità di movimento volontario e la destrezza di pazienti con esiti di lesione del sistema nervoso centrale e del midollo spinale che coinvolgano il primo motoneurone delle vie piramidali.

I soggetti più colpiti sono i giovani, con una prevalenza dei soggetti di sesso maschile. Altro grave problema sociale in Italia è stato registrato per le lesioni midollari con un’incidenza di circa 20 nuovi casi annui per milione di abitanti. In base alla causa, le lesioni midollari possono essere distinte in due grandi gruppi: traumatiche (68% circa dei casi) e non traumatiche (32%).

Le cause traumatiche più frequenti, registrate in Italia, sono: incidenti automobilistici, cadute, incidenti motociclistici, incidenti sportivi, tentato suicidio, lesioni da arma da fuoco. Le cause non traumatiche più frequenti, invece, comprendono: patologie di tipo neoplastico, vascolare, infiammatorio e degenerativo.

Si è osservato che i casi di lesione completa sono maggiori nel gruppo dei pazienti con lesioni di origine traumatica: il 51,5% dei pazienti con lesione traumatica presenta una lesione completa, contro il 24,2% nelle lesioni non traumatiche.

A seconda del livello della lesione, ovvero dell’altezza a cui il midollo viene danneggiato, vi possono essere sostanzialmente due quadri clinici:
  • tetraplegia con coinvolgimento delle funzioni motorie e sensitive di arti superiori, del tronco, degli arti inferiori e degli organi pelvici;
  • paraplegia con coinvolgimento delle funzioni motorie e sensitive di parte o tutto il tronco, degli arti inferiori e degli organi pelvici.

La paraplegia

ed ancor peggio la tetraplegia comporta una gravissima disabilità del paziente che, al pari del paziente con spasticità, non è autosufficiente e con enormi limitazioni nella vita di relazione. Gli obiettivi principali della gestione terapeutica della spasticità e della tetraplegia sono migliorare le funzioni attive e passive del paziente, evitare la progressione della disabilità, fornire sollievo dai sintomi, migliorare la qualità della vita, favorire la partecipazione sociale del paziente e, in alcuni casi, ridurre il carico dei caregivers ( coloro che assistono i pazienti disabile presso il prorpio domicilio ). L’approccio terapeutico a queste gravi disabilità è multidisciplinare e prevede varie metodiche tra le quali le più importanti quello riabilitativo e quello chirurgico L'aspetto del trattamento chirurgico, che è uno degli aspetti del trattamento complessivo, consta di varie tecniche chirurgiche: tenotomie, allungamenti tendinei, trasposizioni tendinee, neurectomie al fine di migliore la funzionalità sia a livello dell'arto superiore ( spalla, gomito , polso e mano ) che dell'arto inferiore ( anca, ginocchio, caviglia e piede ). Il trattamento chirurgico , pero', non si limita solo all'obbiettivo funzionale ma anche a quello igienico. Infatti alcuni interventi hanno il fine di permettere una migliore mobilità passiva in quei pazienti dove non vi è alcuna funzionalità residua facilitando ai caregivers l'obiettivo igienico.

Esempio schematico di un intervento per la Instabilità della MF del pollice in paziente tetraplegico

Intervento di Artrorisi

Fig.1: vie d’accesso

Fig. 2 : tecnica della artrorisi

Fig. 3 : particolare della sutura sul sesamoide

Esempio schematico di un intervento sulla membrana interossea dell’avambraccio in un paziente spastico

Sezione membrana interossea

Fig.1 : via d’accesso anteriore

Fig.2 : via d’accesso posteriore

Fig. 3 : sezione membrana interossea lungo la linea tratteggiata

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