
Fibromialgia, questa sconosciuta
L’eziologia della sindrome fibromialgica non è stata ancora pienamente compresa e rispetto alla fisiopatologia esiste
Le fratture vertebrali hanno attualmente una elevata incidenza nella popolazione e possono avere diverse origini.
Alcune sono date dall’osteoporosi (Fig. 1), ed in questo caso si verificano anche per piccoli traumi o spontaneamente a causa della fragilità intrinseca dell’osso data dalla patologia di base, soprattutto nei soggetti anziani.
Altre sono date da neoplasie come mielomi, metastasi, linfomi, emangiomi; altre ancora da
fenomeni di osteonecrosi. Infine ci sono le fratture post-traumatiche che riguardano generalmente le fasce di età più giovani.
Possono essere suddivise, a seconda del tratto di colonna in cui si manifestano, in fratture
cervicali, toraciche o lombari.
Il quadro sintomatologico è dominato dal dolore che può essere localizzato o diffuso. Può essere associato a parestesìe, cioè ad alterazioni della sensibilità riferite dal paziente come “formicolìo” o “addormentamento”, che possono essere presenti solo nelle regioni anatomiche vicine alla sede della frattura o irradiarsi anche agli arti.
Nei casi più gravi, dove la frattura determina compressione sulle strutture nervose, possono
manifestarsi impotenza funzionale agli arti, difficoltà nel movimento e deficit neurologici.
La diagnosi si basa sulla storia clinica, sui dati anamnestici (trauma recente, uso prolungato di corticosteroidi, età avanzata, presenza di deformità strutturali al rachide, perdita di altezza > 6 cm, ipercifosi dorsale) su una
accurata visita del paziente e soprattutto sulla diagnostica strumentale.
Gli esami di primo livello da eseguire nel sospetto di frattura vertebrale sono la radiografia e la TAC (Fig. 2), che documentano l’alterazione morfologica di una o più vertebre.
Al fine di stabilire se una frattura sia recente o meno sarà successivamente necessario eseguire una Risonanza Magnetica con un particolare tipo di scansioni (sequenze STIR) che, evidenziando la presenza di una “infiammazione” nella vertebra fratturata (edema della spongiosa ossea), indica con sicurezza che la frattura è recente (Fig. 3).
Il trattamento delle fratture vertebrali è in molti casi conservativo. Può determinare periodi di ricovero ospedaliero, allettamento prolungato, successiva mobilizzazione con posizionamento di presidi ortesici (busti lombari e dorso-lombari) e necessità di convivere con il dolore per un periodo di tempo variabile, essendo le terapie farmacologiche solo parzialmente efficaci in queste situazioni.
Inoltre le fratture vertebrali trattate conservativamente possono esitare in gravi deformità post-traumatiche (la vertebra può arrivare a schiacciarsi completamente sotto il peso) che alterano la biomeccanica del rachide causando una predisposizione ad ulteriori episodi fratturativi nel caso di patologia osteoporotica.
La Vertebroplastica e la Cifoplastica rappresentano una possibilità di trattamento alternativo a quello
conservativo.
Sono delle procedure che vengono eseguite con tecnica percutanea (cioè con una minima incisione della cute sufficiente all’introduzione di una cannula sotto guida radioscopica, Fig. 4) che permette, iniettando un cemento biocompatibile all’interno della vertebra fratturata, di stabilizzare la frattura permettendo al paziente di alzarsi dal letto dopo poche ore dal trattamento, con un brevissimo ricovero ospedaliero.
La vertebroplastica consiste nell’iniettare il cemento direttamente nel corpo vertebrale nei casi in cui l’altezza della vertebra non è compromessa. La cifoplastica consiste nell’utilizzo di speciali palloncini (Fig. 5) o espansori meccanici (Fig. 6 e 7) che hanno lo scopo di ripristinare l’altezza della vertebra e creare lo spazio per l’inserimento del cemento.
Questo tipo di trattamenti evitano, con una procedura di circa 30 minuti a basso rischio, lunghi periodi di allettamento forzato e la necessità di indossare busti pesanti. Questi vantaggi sono importanti in tutti i pazienti ma soprattutto negli anziani, in cui un allettamento prolungato rende il recupero della autonomia estremamente difficoltoso e spesso può portare a comorbidità.
Indicazioni alla vertebroplastica ed alla cifoplastica:
Controindicazioni assolute:
CIRSE Guidelines on Percutaneous Vertebral Augmentation. Tsoumakidou, G., Too, C.W., Koch, G. et al.
CardiovascInterventRadiol (2017)
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